La Madonna del Pozzo è la principale protettrice e patrona di Capurso e la città e i fedeli ne celebrano il culto il 20 maggio. Nel 1850, alcuni dei miracoli operati dalla Madonna furono presentati alla Santa Sede per chiedere l’incoronazione della miracolosa immagine. E proprio il 20 maggio 1852, per volere del beato Pio IX, il Cardinale Mario Mattei depose le due corone sul capo del Bambino Gesù e della Vergine. Negli anni successivi, fu inviata a Roma la richiesta del Decreto pontificio che sancisse il Patrocinio di Maria Santissima su Capurso, ma solo nel 1954 la richiesta venne accolta.
La data scelta per la lettura solenne del suddetto Decreto fu quella del 20 maggio, 102mo anniversario dell’Incoronazione. A ricordo del Decreto di Pio XII che sanciva la suddetta proclamazione e per il perpetuarsi di tanta devozione verso la Vergine Santissima, l’8 dicembre 2014, l’Arcivescovo di Bari, mons. Francesco Cacucci, concesse alla città di Capurso il titolo di “Civitas Mariae” tra cori di devoti in festa.
Il pozzo di Santa Maria
Agli albori del XVIII secolo un prete, don Domenico Tanzella, scese in un pozzo detto di Santa Maria, in fondo a quello che sarebbe diventato Largo Piscino, sulla via per Noja, come si chiamava allora l’attuale Noicattaro. Si narra che il sacerdote ebbe in visione la Madonna mentre era gravemente ammalato. Berrai la mia acqua e guarirai, gli disse. Qualsivoglia fu il motivo, con altri compagni di ventura, Tanzella si calò nella cavità (secondo alcuni un rifugio dei monaci basiliani in fuga nell’VIII secolo dalla furia iconoclastica del monarca bizantino Leone l’Isaurico, secondo altri un osservatorio astronomico). Scovata l’immagine – secondo accreditati storici dell’arte risalente al XVI secolo -, tutto cominciò. E fu una gran bella storia. Il pozzo è frequentato da migliaia di fedeli (ma anche di semplici curiosi): il rito dell’assaggio dell’acqua è fondamentale. La chiesetta– una volta conosciuta come “della solitudine” – ha linee classicheggianti molto semplici. La posa della prima pietra risale al 1858. È la perfetta custodia di un luogo tanto prezioso. Di recente è stato costruito, sulla scalinata del sagrato, una ricostruzione con statue in bronzo della scena del ritrovamento della sacra effigie.
La Festa Grande
La Festa Grande è un melting-pot. Non solo di varia umanità, ma di colori, suoni, immagini, luci. La religiosità popolare, il culto, la fede. E migliaia di persone che si riversano in un “miglio d’oro”. Che ha non un epicentro, ma due: la basilica e poi, in direzione sudest, la cappella. E nel ventre della terra il Pozzo. A quell’acqua fresca si dissetano, nei giorni caldi di fine agosto, bocche e cuori, gole e anime. Le celebrazioni si aprono il 20 maggio. Il mese mariano. Il primo cittadino di una comunità vicina alla Madonna del Pozzo (Massafra, Corato, Palagianello, Bisceglie e via elencando) offre l’olio per la lampada con la fiamma che non deve spegnersi mai. Il venerdì dell’ultima domenica d’agosto si apre la “festa”: quattro giorni intensi di luminarie, luna park, bancarelle, stand, fuochi d’artificio, suoni di bande da giro. Alle dieci della sera, la prima delle quattro processioni. La domenica, la processione dei ceri: dalle nove del mattino alle sei del pomeriggio un interminabile corteo di ceri piccoli, grandi ed enormi, precede l’effigie della Madonna, scortata dai sindaci di numerosi comuni vicini o legati dalla fede mariana delle comunità rappresentate. A sera, la processione del carro trionfale. Trainato da fedeli biscegliesi, orgogliosi e gelosi del privilegio, azionando grosse funi marinare, si muove agile e veloce per le vie del centro. Il lunedì la quarta processione. La domenica successiva si tiene la Fiera dell’Ottava, con centinaia di commercianti che espongono le loro mercanzie.
La Reale Basilica
La “Chiesa bianca” sorge sull’asse principale del territorio urbano. Si staglia elegante creando uno scenario di ineguagliabile bellezza. Se poi è baciata dal sole e la quinta è l’azzurro del cielo, allora lo spettacolo diventa straordinario. La costruzione del complesso conventuale fu avviata nei primi mesi del 1738. I lavori terminarono giusto quarant’anni dopo. Il 27 agosto di quello stesso 1778 l’affresco della Vergine rinvenuto nel pozzo nel 1705 dal sacerdote Domenico Tanzella, “fu definitivamente trasportato nella nuova grande chiesa attugua al convento e fu collocato sull’altare maggiore in una nicchia, che sarebbe stata poi arricchita di marmi e sarebbe diventata famosa” (Michele Mariella, ‘Il santuario di Capurso’). Un edificio che, scrive ancora il Mariella, s’innalza con l’annesso convento a formare un meraviglioso complesso armonico, bianco di calce e ricco di motivi architettonici, in una vastissima piazza. Può essere definita un edificio in stile tardo barocco, tipico del Salento, con campanile che ricorda vagamente lo stile moresco. L’interno – si legge ancora nel volume dedicato alla chiesa – rispecchia la grandiosità esterna. La pianta ha forma basilicale (anche se a navata unica, ndr), con cappelle laterali grandi e piccole e con pilastri che creano un ritmo serrato di vuoti e di pieni, caratteristico delle chiese del Tardo-barocco.
Per la sua costruzione fu utilizzato tufo locale ma i marmi creano un effetto pittorico raro, grazie al gusto e all’arte di maestri marmisti. Gli altari sono dedicati all’Immacolata concezione e a San Pasquale Baylon da una parte e alla Madonna degli angeli e a San Pietro d’Alcantara dall’altro. Le pale, grandiose e dai colori accesi, sono del pittore Vincenzo Fato e furono eseguite tra il 1771 e il 1773. Nel 1939, i padri alcantarini che governavano il convento e la basilica, ottennero il “singolarissimo privilegio” di costruire un organo che “solennizzasse le cerimonie religiose”. L’altar maggiore “rifulge di marmo bianco, giallo oro, verde antico, barolé di Francia”. Qualche anno fa la facciata venne ridipinta, donando al complesso sacro l’originario aspetto e quel particolarissimo candore che fa dell’edificio un monumento particolarmente raro. Basilica e convento sono ora affidati alle amorevoli cure dei francescani minori. Da non perdere la suggestiva sala degli ex voto, il presepe artistico di Matteo Lasala e il nuovo museo. L’asse che segna la cittadina, sorta di “SpaccaCapurso”, prosegue per giungere al Pozzo di Santa Maria, lasciandosi alle spalle piazza della Libertà, segnato dalla presenza dell’ex cinema, dalle chiari forme architettoniche tipiche del Ventennio, e i lineari luminosi giardini di Largo Piscino.