Se provo a guardare il mio paese dall’alto, magari con l’aiuto di Google Earth, non vedo più quella che una volta qualcuno definiva una “espressione geografica”. Pur dall’altezza satellitare, riesco già ad intravvedere una comunità. Non più un centro della corona urbana del capoluogo – anzi: della capitale delle Puglie – Bari, senza una propria anima, una macchia urbana anonima. Ma una comunità pulsante di vita, capace di da re un senso compiuto alla “paesanità”. Ovvero a quella capacità di riconoscersi una propria identità ben definita, se non proprio definitiva. “Un paese tranquillo”, sento dire da più d’uno. Certo. Ma non più un “dormitorio” dove alloggiano schiere di baresi, ceto medio e impiegatizio alla affannosa ricerca di un affare immobiliare, in fuga dai picchi furiosi dei prezzi delle case in città. Un paese tranquillo, dunque, ma soprattutto un paese vivo, dunque. Che sappia guardare al suo futuro immediato senza perdere di vista le sue radici e, perché no, le sue bellezze. Una comunità che sappia guardarsi allo specchio anche attraverso i monumenti e le tradizioni, le strade e le feste, i giardini, i parchi e le case, i luoghi pubblici e le dimore private, l’arredo urbano e i balconi fioriti e le strade pulite. Un paese in cui, senza il rischio di doverci per forza mettere i “mulini bianchi”, si viva bene, con la fortuna di avere la città madre a pochi chilometri e ottimamente collegata che sappia coniugarsi con le straordinarie atmosfere che solo la provincia sa creare e coniugare con i colori del sole e del cielo.
Orsi e capre
Capurso è uno pochi dei paesi della cintura metropolitana di Bari. Dista dal capoluogo solo pochi chilometri. Il principale collegamento con la città è la statale 100, lungo il cui asse si rincorrono Triggiano e Casamassima. Da Capurso parte la provinciale 240, importantissima arteria di collegamento tra Bari e l’entroterra a sud-est: Noicattaro, Rutigliano, Conversano, Castellana, Putignano…, tutti facilmente raggiungibili. “Capurso è nata sicuramente prima dell’anno Mille – scrivono gli storici locali -, a giudicare dal primo documento storico citato nel Codice Diplomatico Barese (anno 1046) e riportato per la prima volta dallo studioso Gino Pastore nel suo volume ‘Tra storia e cronaca’ del 1983. “Varie sono le interpretazioni date circa l’origine del toponimo: da Capo d’Orso (o Ursone)”, un leggendario capotribù a “Testa dell’orso” (caput ursi), spiccata dal corpo dell’animale che terrorizzava gli abitanti del luogo da un cacciatore. Più verosimilmente, si tratta di “uno zoonimo e quindi derivato da locus caprutius (luogo delle capre)”, afferma lo studioso Umberto Rizzo. Dopo i fatti miracolosi del 1705 e la costruzione della basilica, all’interno della stessa, il cardinale Mario Mattei, inviato da Pio IX, il 20 maggio 1852 cinse di corone d’oro l’effigie della madre di Gesù, a cui erano particolarmente devoti i sovrani borbonici, che già avevano visitato Capurso. Oggi il paese conta poco meno di sedicimila abitanti. In direzione sud, lungo un vecchio tratto dismesso della “Cento” sorge una vasta zona per insediamenti produttivi, con numerose aziende artigianali e commerciali. Una moderna e veloce linea ferroviaria interrata unirà in brevissimo tempo Capurso a Bari sul tracciato delle Ferrovie del SudEst.
Dal 1994 Capurso è gemellata con la città di Schiller Park, un comune a Nord di Chicago (Illinois-USA), dove è presente una folta comunità di capursesi. L’idea del gemellaggio è nata proprio dalla volontà di non disperdere tradizioni e ricordi e di non dimenticare le proprie radici.